La povertà femminile è un problema sociale e strutturale, un fenomeno complesso condizionato da fattori anche non economici.
In Italia sono 2 milioni 300 mila le donne che vivono in povertà e avere un lavoro non è sufficiente per evitarla: le donne guadagnano meno degli uomini, sono più esposte a povertà ed esclusione sociale, sono spesso indicate come le uniche responsabili della cura dei figli e della famiglia.
Questo può limitare le opportunità di lavoro per le donne e portarle a lavori a basso salario o part-time, che possono rendere molto difficile per loro sostenere sè stesse e la propria famiglia.
Ogni caso di povertà è una situazione particolare e merita rispetto e riconoscimento di diritti. Così funziona una comunità. O no?
Clara ha 54 anni. Ha un figlio adolescente e abita a Milano in un quartiere popolare. Poi, come altre 55mila donne nel 2021, scopre di avere un cancro al seno. La terapia, il lavoro che si interrompe e la separazione dal compagno.
Con le entrate azzerate dalla malattia, un figlio di 15 anni e l’affitto da 600 euro più spese, nel 2022 è in regola per ricevere il Reddito di cittadinanza.
Nel 2024 fa domanda per il nuovo sussidio, l’Assegno di inclusione del governo Meloni. Il suo Isee è addirittura più basso dell’anno precedente. In altre parole, è più povera. Ma le nuove regole dell’Assegno di inclusione, pur con le minori entrate del 2023, la escludono comunque dall’Assegno.
Sola, madre, malata, precaria. Dice Clara: “quello che non capisco è perché veniamo lasciate sole. Non siamo anche noi donne, madri, cristiane?”
In Italia sono 2 milioni 300 mila le donne che vivono in povertà e avere un lavoro non è sufficiente per evitarla: le donne guadagnano meno degli uomini, sono più esposte a povertà ed esclusione sociale, sono spesso indicate come le uniche responsabili della cura dei figli e della famiglia.
Questo può limitare le opportunità di lavoro per le donne e portarle a lavori a basso salario o part-time, che possono rendere molto difficile per loro sostenere sè stesse e la propria famiglia.
Ogni caso di povertà è una situazione particolare e merita rispetto e riconoscimento di diritti. Così funziona una comunità. O no?
Clara ha 54 anni. Ha un figlio adolescente e abita a Milano in un quartiere popolare. Poi, come altre 55mila donne nel 2021, scopre di avere un cancro al seno. La terapia, il lavoro che si interrompe e la separazione dal compagno.
Con le entrate azzerate dalla malattia, un figlio di 15 anni e l’affitto da 600 euro più spese, nel 2022 è in regola per ricevere il Reddito di cittadinanza.
Nel 2024 fa domanda per il nuovo sussidio, l’Assegno di inclusione del governo Meloni. Il suo Isee è addirittura più basso dell’anno precedente. In altre parole, è più povera. Ma le nuove regole dell’Assegno di inclusione, pur con le minori entrate del 2023, la escludono comunque dall’Assegno.
Sola, madre, malata, precaria. Dice Clara: “quello che non capisco è perché veniamo lasciate sole. Non siamo anche noi donne, madri, cristiane?”