Mario Brusamolin (Noncicredo)
Oggi è la giornata della Terra. Sono consapevolmente contrario a questo tipo di “eventi”, perché nascondono un comportamento che di “ecologico” ha molto poco.
Da un lato si dice che sia importante per ricordare la situazione in cui ci troviamo, dall’altro sembra più un modo per tacitare coscienze che tanto pulite non sono, per comportamenti, per convinzioni, per scelte politiche (anzi che no!).
Queste “giornate di…” a me sembra che in molti casi (credo nella maggior parte) siano utili per far sentire qualcuno “parte della soluzione”, magari senza che abbia le idee molto chiare su quale sia il vero problema.
Dovremmo spendere ore e ore per analizzare il tutto (non a caso lo faccio da 15 anni nella mia trasmissione “Noncicredo”) ma quello che deve essere chiaro è che lo stato del pianeta è pietoso. Se qualcuno ha letto almeno il resoconto dell’ultimo report (agosto 2021) dell’IPCC, si sarà convinto che è ampiamente terminato il tempo per "sistemare la questione”. Oggi si ragiona solo su interventi tampone, su misure di contenimento dei danni, di preparazione a quello che (di peggio) arriverà. Non occorre entrare nei dettagli tecnici: di quanto aumenterà la temperatura, di quanto acidificheranno ulteriormente mari ed oceani, a quale sorta di migrazione di piante, animali ed esseri umani dovremo assistere, all’ampliamento sempre più drammatico tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri.
Da un lato si dice che sia importante per ricordare la situazione in cui ci troviamo, dall’altro sembra più un modo per tacitare coscienze che tanto pulite non sono, per comportamenti, per convinzioni, per scelte politiche (anzi che no!).
Queste “giornate di…” a me sembra che in molti casi (credo nella maggior parte) siano utili per far sentire qualcuno “parte della soluzione”, magari senza che abbia le idee molto chiare su quale sia il vero problema.
Dovremmo spendere ore e ore per analizzare il tutto (non a caso lo faccio da 15 anni nella mia trasmissione “Noncicredo”) ma quello che deve essere chiaro è che lo stato del pianeta è pietoso. Se qualcuno ha letto almeno il resoconto dell’ultimo report (agosto 2021) dell’IPCC, si sarà convinto che è ampiamente terminato il tempo per "sistemare la questione”. Oggi si ragiona solo su interventi tampone, su misure di contenimento dei danni, di preparazione a quello che (di peggio) arriverà. Non occorre entrare nei dettagli tecnici: di quanto aumenterà la temperatura, di quanto acidificheranno ulteriormente mari ed oceani, a quale sorta di migrazione di piante, animali ed esseri umani dovremo assistere, all’ampliamento sempre più drammatico tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri.
E in questa situazione noi (intesi come razza umana) cosa facciamo? Scateniamo una guerra, ci preoccupiamo di inserire il gas e il nucleare tra le fonti sostenibili, litighiamo per ogni sciocchezza passi per la testa dei vari inutili parlamentari.
Dicevo delle responsabilità. Io credo che non ci possano essere molti dubbi sul ruolo che lo sviluppo economico e produttivo ha avuto in questa sempre più accentuata difficoltà che il pianeta ha di mantenerci in vita. Ogni disgrazia che abbiamo vissuto fin qui e che le future generazioni vivranno in forma molto più accentuata, è riferibile al modello di sviluppo instaurato nel 18° secolo e portato avanti badando sempre e comunque al profitto. In questo modo si è passati sopra al fatto che la razza umana ha sperperato risorse alle quali non aveva diritto, vivendo nettamente al di sopra delle possibilità offerte dalla nostra “casa”. Secondo i calcoli dell’Overshoot day, nel 2020 le risorse disponibili per quell’anno sono finite in agosto (nonostante la riduzione dovuta alla pandemia). Significa che da quel momento in poi abbiamo consumato quello che avremmo dovuto riservare per l’anno successivo. Questo accade da 50 anni, con uno spostamento progressivo dell’Overshoot day da dicembre verso l’estate.
Tenete conto che le tavole non sono tutte imbandite allo stesso modo. Significa che un australiano, uno statunitense o un europeo consumano risorse con una velocità pari a quella di molte decine di abitanti del terzo o quarto o quinto mondo. E ciò implica che la natura ambientalista del problema finisce diritta in quella sociale e politica.
Ecco, dunque cosa dovremmo aspettarci dalla “giornata della Terra”. Che la gente dica: “A cosa serve? Io so come stanno le cose”.
C’è un altro particolare al quale credo si debba prestare attenzione. Parlare del pericolo per il pianeta è una immane sciocchezza. La Terra ha un’età di circa 4,5 miliardi di anni, durante i quali ne ha passate di cotte e di crude, rispetto alle quali il problema attuale è roba da ridere. La sua aspettativa di vita è di altrettanto tempo, alla fine del quale sarà sterilizzata dall’espansione solare. Il fatto di aver portato a spasso un virus chiamato uomo, non potrà in alcun modo cambiare le cose. Il pericolo dunque non è per il pianeta, ma per chi lo abita, perché può farlo solo se le risorse che gli servono sono sufficienti e sono usate con il rispetto che non abbiamo mai avuto.
In conclusione, le ipotesi sono solo due.
La prima che la razza umana sappia risolvere questa questione in tempo (tra qualche secolo probabilmente).
La seconda che si estingua a causa della propria stupidità.
In un caso e nell’altro la Terra riprenderà il suo antico splendore e non ci sarà più bisogno di “giornate della Terra"!
Dicevo delle responsabilità. Io credo che non ci possano essere molti dubbi sul ruolo che lo sviluppo economico e produttivo ha avuto in questa sempre più accentuata difficoltà che il pianeta ha di mantenerci in vita. Ogni disgrazia che abbiamo vissuto fin qui e che le future generazioni vivranno in forma molto più accentuata, è riferibile al modello di sviluppo instaurato nel 18° secolo e portato avanti badando sempre e comunque al profitto. In questo modo si è passati sopra al fatto che la razza umana ha sperperato risorse alle quali non aveva diritto, vivendo nettamente al di sopra delle possibilità offerte dalla nostra “casa”. Secondo i calcoli dell’Overshoot day, nel 2020 le risorse disponibili per quell’anno sono finite in agosto (nonostante la riduzione dovuta alla pandemia). Significa che da quel momento in poi abbiamo consumato quello che avremmo dovuto riservare per l’anno successivo. Questo accade da 50 anni, con uno spostamento progressivo dell’Overshoot day da dicembre verso l’estate.
Tenete conto che le tavole non sono tutte imbandite allo stesso modo. Significa che un australiano, uno statunitense o un europeo consumano risorse con una velocità pari a quella di molte decine di abitanti del terzo o quarto o quinto mondo. E ciò implica che la natura ambientalista del problema finisce diritta in quella sociale e politica.
Ecco, dunque cosa dovremmo aspettarci dalla “giornata della Terra”. Che la gente dica: “A cosa serve? Io so come stanno le cose”.
C’è un altro particolare al quale credo si debba prestare attenzione. Parlare del pericolo per il pianeta è una immane sciocchezza. La Terra ha un’età di circa 4,5 miliardi di anni, durante i quali ne ha passate di cotte e di crude, rispetto alle quali il problema attuale è roba da ridere. La sua aspettativa di vita è di altrettanto tempo, alla fine del quale sarà sterilizzata dall’espansione solare. Il fatto di aver portato a spasso un virus chiamato uomo, non potrà in alcun modo cambiare le cose. Il pericolo dunque non è per il pianeta, ma per chi lo abita, perché può farlo solo se le risorse che gli servono sono sufficienti e sono usate con il rispetto che non abbiamo mai avuto.
In conclusione, le ipotesi sono solo due.
La prima che la razza umana sappia risolvere questa questione in tempo (tra qualche secolo probabilmente).
La seconda che si estingua a causa della propria stupidità.
In un caso e nell’altro la Terra riprenderà il suo antico splendore e non ci sarà più bisogno di “giornate della Terra"!